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La grammatica italiana presenta numerose analogie con quelle spagnola, francese e portoghese, con cui divide la comune appartenenza alla famiglia delle lingue romanze.

La prima grammatica della lingua italiana stampata a caratteri mobili fu quella di Giovan Francesco Fortunio, del 1516 dal titolo Regole grammaticali della volgar lingua. Da allora, diversi studiosi italiani e stranieri pubblicarono lavori dedicati alla sua descrizione. Si cita tra le altre pubblicazioni la celebre Grammatica storica della lingua italiana e dei suoi dialetti del filologo Gerhard Rohlfs, pubblicata alla fine degli anni 60.

Nomi[]

Ciascun sostantivo o nome in lingua italiana ha un genere (maschile o femminile) e un numero (singolare o plurale). Non c'è declinazione secondo i casi come nel latino. I significati che altre lingue rendono con la declinazione (caso), in italiano sono resi tramite preposizioni . Sostantivi privi della forma singolare o della forma plurale vengono detti difettivi (ad esempio: "le nozze"). Sono detti invariabili quelli le cui forme singolare e plurale sono identiche.

Le principali desinenze dei nomi:

  • maschili in -o, plurale in -i: libro, libri
  • maschili in -e, plurale in -i: fiore, fiori
  • maschili in -a, plurale in -i: poeta, poeti
  • femminili in -a, plurale in -e: scala, scale
  • femminili in -e, plurale in -i: luce, luci

Sono invariabili in italiano i sostantivi che terminano in vocale accentata (la virtù / le virtù), i sostantivi (quasi tutti di origine straniera) che terminano in consonante (il bar / i bar), i sostantivi che terminano in -i non accentata (il bikini / i bikini, la crisi / le crisi), e diversi altri sostantivi.[1]

Generalmente, il genere del sostantivo non è determinato dal suo significato. Fanno eccezione soprattutto i nomi di persona:

  • Francesco, Francesca
  • Il ragazzino, la ragazzina
  • Il presidente, la presidente (presidentessa)
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Articoli[]

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Gli articoli in italiano sono di due tipi: indeterminativi e determinativi. I primi servono ad indicare un elemento generico di un insieme, i secondi ad indicare un elemento specifico di un insieme. Gli indeterminativi hanno inoltre la proprietà di introdurre un'informazione nuova (ho visto un cerbiatto), mentre quelli determinativi ne indicano una già data (purtroppo il cerbiatto è già sparito).

Articolo indeterminativo

  • maschile singolare: un, uno (davanti a parole che iniziano per z, gn, x, ps o s impura, cioè s seguita da una consonante)
  • femminile singolare: una, un' (davanti a parole che iniziano per vocale)

Non esiste una forma plurale vera e propria; per essa si ricorre all'articolo partitivo maschile (degli) o femminile (delle).

Articolo determinativo

  • maschile singolare: il, lo (davanti a parole che iniziano per z, gn, x, ps, o s impura; eliso in l' davanti a parole che iniziano per vocale)
  • femminile singolare: la (eliso in l' davanti a parole che iniziano per vocale)
  • maschile plurale: i, gli (davanti a parole che iniziano per z,x, gn, ps, s impura o vocale)
  • femminile plurale: le

Le forme più frequenti davanti a pn sono il, un e simili: il pneumatico, malgrado in testi particolarmente pianificati si possano ancora riscontrare forme come lo pneumologo.

L'elisione di gli davanti a parola che inizia per i, e di le davanti a parola che inizi per e ("gl'individui", "l'erbe") è ormai considerata arcaica. Viceversa, nel linguaggio burocratico e legale si tende a non elidere la davanti a vocale: "la espressione".

La scelta dell'articolo è effettuata sulla base della parola che segue, anche se questa non è il sostantivo cui si riferisce, ma un'altra parte del discorso. La varietà di forme di articoli in italiano è data dalle caratteristiche di questa lingua, che più di altre tende ad evitare il formarsi di gruppi consonantici e vocalici complessi, per preferire invece una struttura alternata (Consonante-vocale-consonante).[2]

Alcuni esempi:

la nostra amica l'amica
il bello specchio lo specchio
lo strano comportamento il comportamento
i piccoli gnomi gli gnomi
gli stessi problemi i problemi
uno stupido inconveniente un inconveniente
il quasi spento zolfo lo (spento) zolfo
il suo zaino lo zaino

Alle diverse forme di articolo determinativo corrispondono altrettante varianti dell'aggettivo dimostrativo quello: quello specchio, quel comportamento, eccetera.

Preposizioni[]

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Vedi anche preposizioneVedi anche le voci [[{{{2}}}]] e [[{{{3}}}]]Vedi anche le voci [[{{{4}}}]], [[{{{5}}}]] e [[{{{6}}}]]Vedi anche le voci [[{{{7}}}]], [[{{{8}}}]], [[{{{9}}}]] e [[{{{10}}}]].

Le preposizioni sono una parte del discorso che serve a chiarire la natura di un complemento nella frase semplice o, talvolta, di una subordinata all'interno del periodo. Sono normalmente considerate come preposizioni in italiano di, a, da, in, con, su, per, tra, fra; anche degli avverbi come sopra e sotto possono fare da preposizioni in alcuni casi.

Le preposizioni possono anche essere unite agli articoli determinativi, e formare le preposizioni articolate (le altre si dicono anche semplici). Non tutte le combinazioni tra preposizione e articolo sono ammesse, come si può vedere dalla tabella sottostante (le forme in corsivo sono di uso raro):

il lo la i gli le
di del dello della dei degli delle
a al allo alla ai agli alle
da dal dallo dalla dai dagli dalle
in nel nello nella nei negli nelle
con col collo colla coi cogli colle
su sul sullo sulla sui sugli sulle
per pel pei

Combinazioni come pel, pei, frai e simili non sono più in uso dalla prima metà del 1900; anche l'uso delle preposizioni articolate formate da con e articolo è in regresso.

Pronomi[]

Il pronome sostituisce un sostantivo quando si preferisce evitare una ripetizione nella frase. Inoltre, può indicare un oggetto o una persona facilmente identificabile nel contesto (ad esempio, io).

Pronomi personali[]

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Vedi anche Pronome personaleVedi anche le voci [[{{{2}}}]] e [[{{{3}}}]]Vedi anche le voci [[{{{4}}}]], [[{{{5}}}]] e [[{{{6}}}]]Vedi anche le voci [[{{{7}}}]], [[{{{8}}}]], [[{{{9}}}]] e [[{{{10}}}]].

I più noti sono i pronomi personali come soggetto (io, tu, egli ecc.); i pronomi personali complemento si dividono in atoni (primo esempio) e tonici (secondo):

  • Mi piace questa musica
  • A me piace questa musica

I pronomi atoni sono strettamente legati al verbo e vengono generalmente anteposti ad esso (mi piace) come clitici. I pronomi tonici hanno invece una posizione più libera all'interno della frase e possono essere combinati ad una preposizione. Per quanto riguarda la differenza di significato tra pronome atono e tonico, possiamo notare come regalo a te un libro oppure a te regalo un libro concentrano l'enfasi sul complemento rispetto a quanto avviene nella struttura più frequente, ottenuta con l'uso del pronome atono (ti regalo un libro).[3]

persona soggetto oggetto
forma tonica
complemento oggetto
forma atona
complemento di termine
forma atona
combinazione(1)
1a singolare io me mi mi me lo
2a singolare tu te ti ti te lo
3a singolare maschile egli, lui (2), esso (3) lui, sé (4) lo, si (4) gli, si (4) glielo, se lo(4)
3a singolare femminile ella, lei (2), essa (3) lei, sé (4) la, si (4) le, si (4) glielo , se lo(4)
1a plurale noi noi ci ci ce lo
2a plurale voi voi vi vi ve lo
3a plurale maschile (5) essi, loro (2) loro, sé (4) li, si (4) gli (2), si (4) glielo (2), se lo(4)
3a plurale femminile esse, loro (2) loro, sé (4) le, si (4) gli (2), si (4) glielo (2), se lo(4)

(1) La forma combinata prevede prima la forma del complemento di termine, e poi quella del complemento oggetto, accordata per numero e genere: me lo, me la, me li, me le; te lo, te la, te li, te le eccetera. Si ricorda inoltre che il pronome impersonale si, insieme a quello riflessivo, dà ci si: ci si vede domani, va bene?
(2) forma comunemente usata nella lingua parlata
(3) usato per soggetti inanimati
(4) forma riflessiva: cfr "lo vede" = vede un altro / "si vede" = vede sé stesso/a
(5) usata anche per plurali di gruppi misti

In italiano la forma di cortesia è la 3a persona femminile, scritta talvolta con l'iniziale maiuscola; Lei, Loro: la forma al plurale, usata in contesti molto formali, viene generalmente sostituita dalla vecchia forma Voi.

A differenza di altre lingue, come ad esempio nel francese e nell'inglese, il pronome personale soggetto in italiano è facoltativo e viene normalmente omesso. Viene espresso esplicitamente quando si desidera enfatizzare il soggetto o quando occorre risolvere ambiguità davanti a voci verbali identiche (le tre persone singolari del congiuntivo presente). Il francese e l'inglese hanno invece bisogno che il pronome venga specificato, dato che le forme verbali coniugate a seconda delle diverse persone presentano forti somiglianze tra di loro.

Altri pronomi[]

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Vedi anche Pronome dimostrativoVedi anche le voci Pronome indefinito e Pronome interrogativo ed esclamativoVedi anche le voci Pronome possessivo, Pronome relativo e [[{{{6}}}]]Vedi anche le voci [[{{{7}}}]], [[{{{8}}}]], [[{{{9}}}]] e [[{{{10}}}]].

Aggettivi[]

Gli aggettivi sono le parti del discorso che servono a modificare in qualche modo il significato di un sostantivo.[4] L'aggettivo più comune è quello qualificativo, il quale serve a definire la qualità di una cosa o persona. In italiano, gli aggettivi hanno due generi (maschile e femminile) e due numeri (singolare e plurale). Concordano per genere e numero col sostantivo a cui si riferiscono. Le desinenze più frequenti sono raggruppabili in due classi (derivate direttamente dalle due classi di aggettivi latini):

Classe genere desinenza singolare desinenza plurale
1a maschile -o (rosso) -i (rossi)
1a femminile -a (rossa) -e (rosse)
2a maschile
femminile
-e (verde) -i (verdi)

Esistono anche aggettivi invariabili che cioè non variano per genere e numero, come ad esempio alcuni aggettivi di colore (la penna rosa - le penne rosa - il pastello rosa - i pastelli rosa; idem per "blu"), e le parole straniere (atteggiamento dandy - un gruppo di persone dandy). Valgono in linea di massima le stesse irregolarità che si riscontrano tra i sostantivi (cfr. Plurale dei sostantivi nella lingua italiana).

Aggettivi possessivi[]

persona maschile singolare femminile singolare maschile plurale femminile plurale
1a singolare mio mia miei mie
2a singolare tuo tua tuoi tue
3a singolare suo, proprio (1) sua, propria (1) suoi, propri (1) sue, proprie (1)
1a plurale nostro nostra nostri nostre
2a plurale vostro vostra vostri vostre
3a plurale loro, proprio (1) loro, propria (1) loro, propri (1) loro, proprie (1)

(1) forma riflessiva alternativa

La 3a persona singolare è anche quella usata nelle forme di cortesia, talvolta scritta usando l'iniziale maiuscola: "Le consegno il Suo pacco".

A differenza di quanto accade in altre lingue, in italiano l'aggettivo possessivo è normalmente accompagnato da un articolo; tale articolo manca, invece, laddove mancherebbe anche in assenza del possessivo («è sua abitudine» corrisponde quindi a «è abitudine di X»; diversamente, «è la sua abitudine» corrisponde a «è l'abitudine di X»)

L’articolo si omette davanti ai nomi di parentela preceduti da un aggettivo possessivo che non sia "loro": (mio padre, tua madre, suo fratello, nostra zia, vostro nipote, ma: il loro padre, la loro madre ecc.). Vi sono però alcuni nomi di parentela che ammettono l’articolo, come per esempio mamma e papà, che vengono considerati come vezzeggiativi; inoltre, l’articolo si usa quando i nomi di parentela sono al plurale (le mie sorelle), o sono accompagnati da un attributo (la mia cara moglie), oppure se vengono seguiti dal possessivo (è colpa tua).

Non hanno l’articolo alcuni appellativi onorifici quando sono preceduti da forme di cortesia come sua e vostro (-a): Sua Eccellenza, Sua Maestà, Sua Santità, Vostro Onore, Vostra Altezza, Vostra Signoria.

Altri aggettivi[]

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Vedi anche Aggettivo dimostrativoVedi anche le voci Aggettivo indefinito e Aggettivo interrogativo ed esclamativoVedi anche le voci Aggettivo numerale, [[{{{5}}}]] e [[{{{6}}}]]Vedi anche le voci [[{{{7}}}]], [[{{{8}}}]], [[{{{9}}}]] e [[{{{10}}}]].

Avverbi[]

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Vedi anche AvverbioVedi anche le voci [[{{{2}}}]] e [[{{{3}}}]]Vedi anche le voci [[{{{4}}}]], [[{{{5}}}]] e [[{{{6}}}]]Vedi anche le voci [[{{{7}}}]], [[{{{8}}}]], [[{{{9}}}]] e [[{{{10}}}]].

Gli avverbi hanno la stessa funzione degli aggettivi ma non si riferiscono ai nomi. Sono legati primariamente ai verbi (di qui il loro nome), ma possono riferirsi anche ad un aggettivo oppure ad un altro avverbio. Gli avverbi sono invariabili rispetto al genere ed al numero: (esempi: presto, prima, male).

Molti avverbi vengono derivati dagli aggettivi (strano→stranamente). Altri costituiscono parole a sé stanti (presto, qui, adesso, avanti, poco, forse). Alcuni avverbi hanno la stessa funzione sintattica delle preposizioni: durante la cena; davanti all'automobile; prima di pranzo).

Verbi[]

I verbi in italiano si coniugano per persona (1a, 2a o 3a) e per numero (singolare o plurale) del soggetto, per tempo (presente, passato, futuro), per modo (indicativo, congiuntivo, condizionale, imperativo, infinito, gerundio e participio) e talvolta per genere (maschile o femminile) del soggetto o dell'oggetto. A differenza di altre lingue (ad esempio dell'inglese o del francese) non è obbligatorio porre prima del verbo il pronome personale soggetto dato che le desinenze tra le diverse persone utilizzate nella coniugazione solo raramente permettono ambiguità.

I verbi italiani si raggruppano in tre gruppi principali per quanto riguarda la coniugazione (vedi sotto).

La forma negativa del verbo (in tutti i modi, tranne che per la seconda persona singolare dell'imperativo) si ottiene facendolo precedere da non.

La forma interrogativa del verbo è identica a quella affermativa; l'interrogazione viene spesso resa solo tramite il tono della voce, ascendente sul finire del periodo.

I tempi possono essere semplici o composti, questi ultimi sono tempi formati da un verbo ausiliare (coniugato per persona, numero e modo) seguito dal participio passato del verbo.

  • Il verbo ausiliare è essere per la maggior parte dei verbi intransitivi.
  • Il verbo ausiliare è avere nelle frasi attive quando il verbo è transitivo, e per molti verbi intransitivi.
  • Il verbo ausiliare è essere nelle frasi passive;
    • può essere sostituito da venire nelle frasi passive (ma solo nei tempi semplici)
    • viene sostituito da andare nelle frasi passive quando la frase esprime un obbligo od una prescrizione
  • Infine, l'ausiliare essere si usa per i tempi composti delle frasi al riflessivo.

Nel caso di tempi composti, il participio può essere accordato:

  • Quando l'ausiliare è essere, con il genere e il numero del soggetto (es. La cena è stata servita alle otto in punto).
  • Quando l'ausiliare è avere e il complemento oggetto è costituito da un pronome che precede il verbo, con il genere e il numero dell'oggetto (es. Giulia le ha viste uscire assieme ieri).

La forma di cortesia è quella della 3a persona singolare; la stessa forma è usata per il pronome impersonale si.

Modo infinito[]

L'infinito è la forma del verbo che si trova nei vocabolari, e ne distingue l'appartenenza ad una delle tre coniugazioni a seconda della desinenza:

  • 1a coniugazione: -are
  • 2a coniugazione: -ere
  • 3a coniugazione: -ire

Molti verbi comuni sono irregolari, soprattutto nella seconda coniugazione. Una trattazione esaustiva di coniugazioni irregolari raggruppate per similitudine andebbe ben oltre lo scopo di questo articolo (vedi collegamenti esterni).

È impersonale (non si coniuga per persona o numero).

Ha due tempi:

  • presente
  • passato, composto mediante infinito presente dell'ausiliare + participio passato

È usato in forma sostantivata per esprimere l'azione descritta dal verbo: "leggere è bello"

È spesso usato nelle proposizioni subordinate (causali, finali, relative) quando il soggetto è lo stesso della proposizione principale: "ho corso per arrivare in tempo" = ho corso affinché io arrivassi in tempo (non usata), ma "ho corso affinché tu arrivassi in tempo".

Si può usare per sostituire una proposizione relativa con un'oggettiva: "vedo gli uccelli volare" = "vedo gli uccelli che volano"; in tal caso il soggetto della subordinata viene declinato all'accusativo "vedo lui che vola" = "lo vedo volare".

In tutti questi casi, il tempo utilizzato dipende se si vuole esprimere un'azione contemporanea (infinito presente) o anteriore (infinito passato) rispetto alla proposizione principale.

Si usa inoltre come forma di imperativo gentile nel dare istruzioni.

Si usa infine, preceduto da non, come negazione della seconda persona singolare dell'imperativo presente.

Modo indicativo[]

Si usa per esprimere condizioni oggettive, stati di fatto, affermazioni. L'indicativo ha quattro tempi semplici:

  • presente, usato per un'azione contemporanea isolata o abituale, o per un'intenzione per l'immediato futuro;
  • imperfetto, usato per un'azione in un tempo indeterminato nel passato e considerata durante il corso del suo svolgimento;
  • passato remoto, usato per un'azione in un tempo passato solitamente lontano nel tempo e genericamente terminata
  • futuro semplice, usato per un'azione spesso situata un futuro generico o comunque come forma che indica delle supposizioni, anche sul presente[5]

ciascuno dei quali dà vita ad un tempo composto mediante ausiliare coniugato + participio passato (pp):

  • passato prossimo (presente+pp), usato per un'azione in un tempo passato e considerata come compiuta (similmente al passato remoto, ma più usato di quest'ultimo);
  • trapassato prossimo (imperfetto+pp), usato per un'azione generica in un tempo antecedente ad un momento passato, dal quale l'evento viene osservato;
  • trapassato remoto (passato remoto+pp), usato per un'azione generica in un tempo antecedente ad un'azione espressa col passato remoto:
  • futuro anteriore (futuro semplice+pp), usato per un'azione generica in un tempo futuro antecedente ad un'azione espressa col futuro semplice, oppure per indicare una supposizione su un evento già compiuto.

Tempo presente

-are
es. parlare
-ere
es. godere
-ire
es. dormire / capire
io -o -o -o / -isco
tu -i -i -i / -isci
lui, lei -a -e -e / -isce
noi -iamo -iamo -iamo
voi -ate -ete -ite
loro -ano -ono -ono / -iscono

Tempo imperfetto

-are
es. parlare
-ere
es. godere
-ire
es. dormire / capire
io -avo -evo -ivo
tu -avi -evi -ivi
lui, lei -ava -eva -iva
noi -avamo -evamo -ivamo
voi -avate -evate -ivate
loro -avano -evano -ivano

Tempo passato remoto

-are
es. parlare
-ere
es. godere
-ire
es. dormire / capire
io -ai -ei, -etti(1) -ii
tu -asti -esti -isti
lui, lei -é, -ette(2)
noi -ammo -emmo -immo
voi -aste -este -iste
loro -arono -erono, -ettero(3) -irono

(1) per molti verbi della seconda coniugazione la desinenza è -i, ma cambia la radice del verbo. (cadere > caddi; scrivere > scrissi; tenere > tenni; etc.)
(2) per molti verbi della seconda coniugazione la desinenza è -e, ma cambia la radice del verbo. (cadere > cadde; scrivere > scrisse; tenere > tenne; etc.)
(3) per molti verbi della seconda coniugazione la desinenza è -ero, ma cambia la radice del verbo. (cadere > caddero; scrivere > scrissero; tenere > tennero; etc.)


Tempo futuro semplice

-are
es. parlare
-ere
es. godere
-ire
es. dormire / capire
io -erò -(e)rò -irò
tu -erai -(e)rai -irai
lui, lei -erà -(e)rà -irà
noi -eremo -(e)remo -iremo
voi -erete -(e)rete -irete
loro -eranno -(e)ranno -iranno

Modo congiuntivo[]

Il congiuntivo si usa solitamente nelle proposizioni subordinate per esprimere ipotesi o dubbi nei casi in cui la subordinata è retta da congiunzioni quali "che", "se", "perché", "affinché".
Ci sono due forme semplici di tempo:

  • presente, usato per un'azione contemporanea ad una espressa dall'indicativo presente o futuro
  • imperfetto, usato per un'azione contemporanea ad una espressa da un tempo passato dall'indicativo, per un'azione passata ma continuata o non terminata rispetto ad una espressa dall'indicativo presente, o nel periodo ipotetico dell'irrealtà o impossibilità.

che danno forma a due ulteriori tempi composti con l'ausiliare coniugato e il participio passato:

  • passato (presente+pp), usato per un'azione passata e terminata rispetto ad una espressa dall'indicativo presente o futuro
  • trapassato (imperfetto+pp), usato per un'azione passata rispetto ad una espressa da un tempo passato dell'indicativo, o nel periodo ipotetico del terzo tipo

Nei casi in cui il congiuntivo manca, si usa:

  • l'indicativo futuro semplice, quando l'azione è futura rispetto ad un'azione presente o futura
  • l'indicativo futuro anteriore, quando l'azione è futura rispetto ad un'azione presente o futura ma antecedente ad un'altra azione futura
  • il condizionale passato, quando l'azione è futura rispetto ad un'azione passata

Tempo presente

-are
es. parlare
-ere
es. godere
-ire
es. dormire / capire
io -i -a -a / -isca
tu -i -a -a / -isca
lui, lei -i -a -a / -isca
noi -iamo -iamo -iamo
voi -iate -iate -iate
loro -ino -ano -ano / -iscano

Tempo imperfetto

-are
es. parlare
-ere
es. godere
-ire
es. dormire / capire
io -assi -essi -issi
tu -assi -essi -issi
lui, lei -asse -esse -isse
noi -assimo -essimo -issimo
voi -aste -este -iste
loro -assero -essero -issero

Uso dei tempi del congiuntivo

La grammatica ha ereditato dalla grammatica latina, sia pure con delle differenze, la consecùtio tèmporum, cioè un insieme di norme che regolano il rapporto tra i tempi e i modi di una frase principale (o sovraordinata) e della frase subordinata per esprimere il rapporto di contemporaneità, anteriorità, e posteriorità. Questo sistema di regole viene descritto qui con l'esempio della subordinata al congiuntivo.

Per esprimere contemporaneità nel presente (la frase principale usa un tempo presente o futuro) si usa il congiuntivo presente:

  • "Credo (penserò) che la via sia diritta".

Per esprimere contemporaneità nel passato (la frase principale usa il tempo imperfetto o passato remoto) si usa il congiuntivo imperfetto:

  • "Credevo che la via fosse dritta".

Per esprimere anteriorità al presente la frase subordinata deve avere il verbo al congiuntivo passato:

  • "Penso che il servizio sia stato buono".

Per esprimere anteriorità al passato la frase subordinata deve avere il verbo al congiuntivo trapassato:

  • "Pensavo che il servizio fosse stato buono".

Per esprimere posteriorità, dato che il congiuntivo non ha tempo futuro, si utilizza il futuro dell'indicativo:

  • "Immagino che d'ora in poi il bimbo sarà buono".

La posteriorità può essere indicata anche con il condizionale passato nel caso che il tempo principale sia all'imperfetto:

  • "Immaginavo che il bimbo sarebbe stato buono con un gioco".

Analoghe regole valgono per la scelta dei tempi dell'indicativo nella frase subordinata.

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Vedi anche Concordanza dei tempiVedi anche le voci [[{{{2}}}]] e [[{{{3}}}]]Vedi anche le voci [[{{{4}}}]], [[{{{5}}}]] e [[{{{6}}}]]Vedi anche le voci [[{{{7}}}]], [[{{{8}}}]], [[{{{9}}}]] e [[{{{10}}}]].

Modo condizionale[]

Si usa per esprimere eventi e situazioni subordinate a condizioni e a seguito di proposizioni ipotetiche introdotte da se + congiuntivo. Ha due tempi: uno semplice, il condizionale presente, e uno composto, il condizionale passato, formato dal condizionale presente del verbo ausiliare unito al participio passato del verbo; ad esempio, "io avrei parlato, io sarei caduto".

Tempo presente

-are
es. parlare
-ere
es. godere
-ire
es. dormire / capire
io -erei -erei -irei
tu -eresti -eresti -iresti
lui, lei -erebbe -erebbe -irebbe
noi -eremmo -eremmo -iremmo
voi -ereste -ereste -ireste
loro -erebbero -erebbero -irebbero

Modo imperativo[]

L'imperativo usa per formulare esortazioni. Rifiuta sempre il pronome personale soggetto.

-are
es. parlare
-ere
es. godere
-ire
es. partire / capire
2a pers. sing. -a -i -i
2a pers. plur. -ate -ete -ite

Per la prima persona singolare (noi), le forme coincidono con quelle del presente indicativo e vengono di solito considerate a tutti gli effetti come forme dell'imperativo.[6] Per la terza persona, invece, viene usata la corrispondente voce del congiuntivo (congiuntivo esortativo).

Quando è seguito da pronome complemento oggetto, questo può assumere la forma enclitica atona -mi, -ti, -lo, -la, -ci, -vi, -li, -le (es. "guardami!" = "guarda me!"); quando è seguito da pronome complemento di termine, questo può assumere la forma enclitica atona -mi, -ti, -gli, -le, -ci, -vi (es. "consegnami il libro!" = "consegna a me il libro!").

Modo gerundio[]

Si usa con il verbo "stare" per la costruzione di frasi progressive ("sto andando a Roma", quindi sono in viaggio), oppure al posto di una frase subordinata temporale o causale ("vedendo il sole, uscì). Esiste il gerundio presente, un tempo semplice, e il gerundio passato, tempo composto formato dal gerundio presente dell'ausiliare e dal participio passato del verbo: "avendo parlato - essendo caduto".
A volte nel gerundio passato l'ausiliare è omesso, e rimane il solo participio passato con la stessa funzione del gerundio.

Come l'infinito, è impersonale.

-are
es. parlare
-ere
es. godere
-ire
es. partire / capire
-ando -endo -endo

Modo participio[]

Il participio presente è la forma che esprime un soggetto nell'atto o nella qualifica di chi compie l'azione: "il quorum è raggiunto se si recano a votare la maggioranza degli aventi diritto al voto". È variabile per numero.

È indicata come participio passato la forma usata principalmente per la costruzione dei tempi composti.[7] Viene inoltre usato come aggettivo per descrivere la persona o la cosa avente ricevuto un'azione: "i piatti lavati vengono quindi asciugati" = "i piatti che sono stati lavati vengono quindi asciugati" o "i piatti, dopo essere stati lavati, vengono quindi asciugati"; in quest'ultimo caso è declinato come un aggettivo.

-are
es. parlare
-ere
es. godere
-ire
es. dormire / capire
presente -ante -ente -ente
passato -ato -uto -ito

Congiunzioni[]

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Vedi anche congiunzione (grammatica)Vedi anche le voci [[{{{2}}}]] e [[{{{3}}}]]Vedi anche le voci [[{{{4}}}]], [[{{{5}}}]] e [[{{{6}}}]]Vedi anche le voci [[{{{7}}}]], [[{{{8}}}]], [[{{{9}}}]] e [[{{{10}}}]].

Le congiunzioni uniscono tra di loro due parti di una stessa proposizione (io e te), oppure due frasi (vado e torno), spesso la frase principale e la subordinata. Si tratta di parti invariabili del discorso, come anche gli avverbi. [8]

Interiezioni[]

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Le interiezioni, che denotano l'espressione affettiva del parlante nel contesto, sono parti invariabili del discorso che spesso variano per sfumature di significato, e che non svolgono un particolare ruolo nel costrutto della frase (ah, oh, ahi, ehi...). Spesso sono derivate da altre parti del discorso (povero me!)[9]

Fonti[]

  1. L. Serianni, Grammatica italiana; italiano comune e lingua letteraria, Torino, UTET, 1989.
  2. K. Katerinov/M.C. Boriosi-Katerinov, La lingua italiana per stranieri, Perugia, Guerra,1985 ISBN 88-7715-009-2
  3. P. Marmini-G. Vicentini, Passeggiate italiane, livello intermedio, Roma, Bonacci, 1988 (appendice).
  4. De Mauro.
  5. P.M. Bertinetto, Tempo, Aspetto e Azione nel verbo italiano. Il sistema dell'Indicativo, Firenze, Accademia della Crusca 1986.
  6. L. Serianni, Grammatica italiana; italiano comune e lingua letteraria, Torino, UTET, 1989.
  7. L. Serianni, Grammatica italiana; italiano comune e lingua letteraria, Torino, UTET, 1989.
  8. Garzanti linguistica
  9. Dizionario italiano grammatica

Voci correlate[]

  • Accento
  • Apostrofo
  • Complementi
  • Fonologia dell'italiano
  • Formazione delle parole
  • Sintassi del periodo

Collegamenti esterni[]

Categoria:Lingua italiana Categoria:Parti del discorso

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